Jung scrisse:
“Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori (…) Mi ci sono voluti praticamente quarantacinque anni per distillare nell’alambicco del mio lavoro scientifico le cose che sperimentai e annotai allora. Da giovane, la mia meta era di fare qualcosa nella mia scienza. Ma poi fui travolto da questo torrente di lava, e il suo fuoco diede nuova forma e nuovo ordine alla mia vita. Queste prime fantasie e quei sogni furono per me come un magma fuso da cui si cristallizzò la pietra che potei scolpire.”
Esistono una infinità di sistemi psicoterapeutici efficaci e tutti fanno capo a teorie di riferimento diverse. Ogni psicoterapeuta, in funzione dei suoi interessi, dei suoi studi e dei suoi talenti, sceglie dopo la laurea a quale scuola di psicoterapia iscriversi.
Durante il liceo il mio professore di italiano mi consigliò un libro per l’estate, “Ricordi Sogni e Riflessioni” di Carl Gustav Jung, sostanzialmente la sua autobiografia. Fu un colpo di fulmine e anche se non fui in grado di comprendere tutto ciò che leggevo, il libro rimase sempre con me, lo portavo ovunque e spesso rileggevo alcuni capitoli o passaggi. L’interesse per Jung e la sua psicoterapia continuò ad affascinarmi e per questo decisi poi di specializzarmi in psicoterapia analitica.
Ma in cosa consiste una terapia junghiana? Prima di tutto è importante sapere che si sta comodamente seduti su due poltrone poste una di fronte all’altra dove due persone, il paziente il terapeuta, si incontrano in uno spazio libero e protetto. Libero perché il paziente può parlare di qualsiasi cosa senza che il giudizio intervenga mai e protetto perché il terapeuta garantisce che nulla di ciò che verrà detto in questo spazio potrà mai uscire da lì.
Nella psicoterapia junghiana si cerca di tener conto della complessità dell’anima umana dando voce alla dimensione della coscienza, la cui prima funzione è esercitata dall’Io, ma al tempo stesso permettendo alle varie dinamiche dell’inconscio di trovare spazio di espressione, creando una sorta di ponte, il più fluido possibile, tra i due piani. Vengono quindi accolte le emozioni, le sensazioni e i pensieri, la storia individuale, raccogliendo eventi salienti del passato, ma ponendo particolare attenzione al momento attuale e poi cercando di integrare il senso di ciò che il singolo individuo sta vivendo nel presente con il suo inconscio, che si manifesta soprattutto attraverso i sogni e le immagini.
Tutto ciò per poter riconoscere e sostenere il particolare e unico processo individuativo della persona che è poi il fulcro del lavoro terapeutico, essendo quel processo naturale di trasformazione interiore, attraverso il quale un essere diventa un individuo psicologico attraverso la realizzazione del Sé, il centro inconscio della personalità. Questo processo é descritto da Jung come uno slancio vitale, biologico e psichico, una dinamica inconscia che si iscrive nel lungo termine (come il processo alchemico) e che spinge a realizzare, attraverso la messa in tensione degli opposti, una unità più complessa della personalità. Inoltre Jung non si stanca di ripetere che l’individuazione é un processo oggettivo di relazione con l’altro, e si realizza dunque nel confronto con il mondo.
L’obbiettivo della psicoterapia, alla fine, è di permettere ad una persona di recuperare pienamente le proprie energie per ripartire con entusiasmo e passione lungo il percorso della propria realizzazione della vita.