Una domenica, da bambino, i miei genitori mi portarono in un centro equestre e da quel momento in me nacque una vera passione anche se inizialmente i cavalli mi intimorivano non poco. Animali imponenti, atletici e veloci sono portatori di una potente energia. Ho passato tantissimo tempo della mia infanzia a contatto con loro, ho imparato a prendermene cura, a pulirli, sistemare il loro box, nutrirli e portarli a passeggio. Poi ho cominciato a cavalcare e ho scoperto la magia del farsi portare. Crescendo l’equitazione è diventata per me un vero sport, che ho praticato parecchio a livello agonistico tra l’Italia e la Francia.
Tempo dopo, negli anni del tirocinio per diventare psicologo clinico, la mia responsabile mi diede il compito di realizzare un progetto terapeutico per i pazienti del nostro centro. Ebbi l’intuizione di unire le mie conoscenze del mondo equestre a quelle di psicologo. Mi si rivelò un mondo. Innanzi tutto riscoprii il cavallo come animale e mi resi conto del suo enorme potere terapeutico. Persone profondamente depresse che da anni assumevano pesanti terapie farmacologiche riuscivano, in poche sedute, a manifestare desiderio, interesse, motivazione. Spesso mi sollecitavano chiedendomi quando saremmo andati nuovamente a cavallo. Altre persone, con problemi motori, colpite da gravi patologie celebrali dalla nascita, attraverso l’ippoterapia riuscivano a migliorare moltissimo il loro stato e di conseguenza la loro qualità di vita. Da quel momento ho dedicato molto tempo della mia formazione e poi del mio lavoro alla relazione animale in ambito terapeutico, sviluppando un metodo basato essenzialmente sulla relazione con l’animale. Mi sono diplomato come psicoterapeuta con una tesi intitolata: “L’uomo e il cavallo, storia di una relazione terapeutica” e negli anni ho scoperto e continuo a scoprire nuovi ambiti di applicazione. Progressivamente ho spostato sempre più il setting dal centro equestre classico, dove i cavalli sono scuderizzati e condizionati dall’addestramento, ad ambienti naturali dove vivono il più possibile in branco. In natura l’incontro con la loro essenza animale può essere veramente autentico e di conseguenza maggiormente terapeutico. In questo contesto tre mondi entrano in contatto: quello umano con intenzione terapeutica e riparatrice, quello animale che fa da ponte e si pone come mediatore per la comprensione e la cura del terzo, il mondo umano offeso e sofferente. Questo tipo di terapia lavora essenzialmente attraverso la relazione e attraverso il corpo, il compito del terapeuta sta, innanzi tutto, nell’autoanalisi e parallelamente nell’accogliere, decodificare ed elaborare, l’infinita varietà di reazioni attitudinali, comportamentali e somatiche, a volte anche molto sottili, sia nel cavallo, sia nel paziente. L’elaborazione viene effettuata attraverso l’osservazione e l’ascolto delle complesse dinamiche di transfert e controtransfert, attraversando il variegato ventaglio emotivo e rappresentativo che si costella all’interno della triangolazione terapeutica. Ed è nel corpo a corpo con il cavallo che si attiva l’aspetto più potente. L’animale, portando il paziente, scioglie progressivamente la tensione muscolare attraverso un movimento ondulatorio che si trasforma in un massaggio per l’anima. L’esperienza è di quelle forti e non lascia nessuno indifferente. Il ventaglio delle emozioni è estremamente ricco e riaccende un fuoco vitale nella persona. E questa è solo una prima parte, anche se essenziale, del lavoro che può essere applicato.
In generale possiamo dire che in tutte le terapie espressive che utilizzano gli animali, dai pesci ai cavalli, passando anche per l’osservazione delle api, si apre una duplice prospettiva di cura della relazione e della comunicazione. Comunicazione empatica e intima con l’animale reale e dunque col mondo, e fantasmatica o immaginativa con l’animale che abita il nostro inconscio e della cui energia noi tutti siamo animati. Questo medium psichico che tutte le tecniche terapeutiche espressive cercano di costruire o rinforzare è la base su cui poggia il grande lavoro di riattivazione comunicativa, nella possibilità di re-incontrare se stessi e il mondo. Da un lato si ristabilisce quel rapporto perduto che accumulava nelle origini l’uomo a tutto il regno animale, a quella comunicazione semplice non mediata dalla parola, ma piuttosto dalla comprensione fine, ossia dal riuscire a portare dentro di sé e al tempo stesso riconoscere in sé, il mondo intero. Dall’altro nella prospettiva di una comunicazione oggettuale, l’animale diventa un elemento di mediazione con contenuti profondi. Tutto ciò avviene , lo ribadisco, attraverso il corpo, il corpo del paziente, del terapeuta e dell’animale. E’ infatti nell’esplorazione sensoriale: tattile, uditiva, visiva, olfattiva e non ultima emotiva, che si costruisce l’esperienza dell’incontro con l’altro e si attiva una sorta di gioco fatto di identificazione e distinzione continua, di condivisione dell’esperienza e infine di nascita della relazione: con nuove parti di sé esplorate e riconosciute inizialmente nell’altro, nell’animale, in un continuo e proficuo gioco di rispecchiamento reciproco.